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Lo sapevi che
Il cavallo di Troia in realtà era una nave?

Il Cavalleggero
Vivere il cavallo

Lo abbiamo imparato tutti scuola: il Cavallo di Troia fa parte di uno dei piani militari più famosi della storia.
Dopo dieci anni di lungo assedio inconcludente, i Greci riescono ad entrare a Troia grazie ad un piano eccezionale elaborato da Ulisse: fingono di abbandonare il campo di battaglia, lasciando un enorme cavallo di legno come tributo alle divinità; dopo svariate vicissitudini i Troiani decidono di introdurlo all’interno delle mura. Ma il cavallo si rivela fatale: era talmente grande da contenere un piccolo esercito di Greci, che, nottetempo, esce allo scoperto sorprendendo i nemici e riprendendo i combattimenti. Il finale è noto: grazie a questa astuzia la città di Troia viene incendiata e distrutta.

Recenti studi, però, dimostrano che forse questo episodio mitico è frutto di un fraintendimento, o meglio, di un errore di traduzione.
Eseguendo studi approfonditi sui testi antichi, gli studiosi ritengono che per penetrare nelle mura di Troia non sarebbe stato usato un cavallo, in greco antico “hippos”, bensì un tipo di nave fenicia che veniva abitualmente chiamata “Hippos”.
Da qui sarebbe nato il grande equivoco che per millenni ha alimentato la figura mitica del Cavallo di Troia.
Gli studiosi hanno effettivamente provato a sostituire nella narrazione la nave al cavallo ed il risultato è stato che la sostituzione non cambia affatto il senso del racconto; anzi, lo priva dell’aspetto surreale dato da questa grande costruzione in grado di ingannare un’intera popolazione. Ai fini del racconto, avrebbe molto più senso pensare che i Greci fossero partiti lasciando una delle loro navi; ha anche più senso pensare a questo Hippos inteso come nave, in grado di contenere tanti uomini che poi si calano giù dai suoi fianchi.

Nell’immaginario comune, però, il Cavallo di Troia, l’enorme cavallo di legno, è e rimarrà sempre il simbolo dell’astuzia e dell’inganno.
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