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Il cavallo nella storia
Dalla preistoria alla domesticazione

Il Cavalleggero

La presenza del cavallo – o meglio, dei suoi antenati selvaggi – sulla Terra risale, più o meno, alla fine dell’era glaciale.
I primissimi antenati erano poco più grandi di una volpe; solo nel miocene fecero la loro comparsa degli animali di una stazza tale da potersi definire i progenitori degli attuali cavalli.

La domesticazione risale a circa 5500 anni fa in Asia e al III millennio a.C. circa in Europa.
Prima che l’uomo attuasse la selezione delle razze era facile stabilire le differenti provenienze dei cavalli, generalmente in base alle condizioni climatiche dei luoghi di origine: i cavalli allevati nei territori più freddi erano molto grossi ma anche molto lenti, i cavalli allevati in un clima torrido erano invece di dimensioni modeste ma molto più scattanti.

La selezione delle razze equine inizia nel momento in cui l’uomo capisce quali sono le caratteristiche morfologiche che un cavallo deve possedere per svolgere al meglio le funzioni per le quali viene allevato.
La grande selezione operata sul cavallo nel corso della storia per apportare tutti i miglioramenti e per rendere i cavalli atti a rispondere ai più diversi usi – bellico, di trasporto, di lavoro o di sostentamento – ci ha restituito un cavallo ben diverso da ciò che era in origine.
Questa selezione continua ancora oggi, con finalità ancora diverse - scopi ricreativi, terapeutici, sportivi e di polizia.
In base alle selezioni, i cavalli di oggi si possono dividere in due gruppi principali: a sangue freddo e a sangue caldo. I primi sono pesanti, forti, docili e calmi mentre i secondi sono veloci, reattivi e amano muoversi.

Anche la monta si è evoluta nel tempo. Prima dell’invenzione delle staffe, avvenuta nel II scolo d.C., si cavalcava senza ed il peso del cavaliere ricadeva tutto sui reni dell’animale; in più il cavaliere si trovava in una posizione abbastanza instabile – così cavalcavano gli antichi greci e i romani. Con l’uso delle staffe il peso del cavaliere si sposta sul garrese, ottenendo una maggiore stabilità in sella – pare che il successo di Gengis Khan sia dovuto anche a questo nuovo efficace metodo di cavalcatura, nonché al fatto che venissero utilizzate giumente in allattamento, in grado di fornire fino a 2 litri di latte al giorno in eccedenza rispetto alle esigenze del puledro al cavaliere.
L’uso della staffa si diffuse velocemente anche in Europa e questo cambiò anche il modo di combattere: il cavaliere, più stabile in sella, diviene più abile nell’uso di armi, in particolar modo della lancia.
Cavallo, cavaliere e lancia divengono un tutt’uno, una vera macchina da guerra. Per questo anche i cavalli venivano dotati di protezioni metalliche proprio come quelle usate dagli uomini. Serviva quindi un cavallo che fosse sufficientemente forte, resistente e muscoloso, come il Frisone.
Nel Quattrocento, con l’introduzione della polvere da sparo nelle attività belliche e la caduta in disuso delle pesanti armature, questo tipo di cavalli venne sostituito da razze più leggere, agili e veloci.

Fra tutte le razze domesticate dall’uomo, ce n’è una che è rimasta praticamente tale e quale da sempre, che ha subito ben pochi incroci e la cui purezza viene attentamente conservata: è il cavallo arabo. Infatti, nel corso della storia, il cavallo arabo è cambiato molto poco a livello morfologico, grazie al fatto che si sono da sempre volutamente evitati incroci, preservandone la purezza della razza.

Anche la cura del cavallo è cambiata e si è evoluta nei secoli.
È dal medioevo, però, che l’uomo comincia a curarsi propriamente della salute del cavallo, come testimoniato dai tanti manuali scritti in merito.
È proprio in epoca medievale che si diffonde l’uso della ferratura inchiodata agli zoccoli, ad opera dei Celti, probabilmente a causa del clima piovoso in cui vivevano e che costringeva i cavalli a rimanere molto a lungo a contatto con un’eccessiva umidità.
Prima della ferratura venivano comunque utilizzate delle protezioni, delle suole di ferro che venivano fissate mediante dei lacci.
L’introduzione della ferratura rappresenta una protezione più sicura e stabile e preserva l’unghia dall’eccessivo consumo.
Essendo proprio come le nostre unghie, però, anche lo zoccolo cresce; quindi, ogni 40 giorni circa, il maniscalco provvede alla pareggiatura – accorciatura – seguita poi dalla ferratura.
In natura, invece, quando il cavallo è libero di muoversi, lo zoccolo “si cura” da solo, si consuma con il normale movimento ed è sufficientemente resistente.

La Scuola di Equitazione Italiana, nata in epoca rinascimentale a Napoli, è la scuola alla quale si sono ispirate altre grandi scuole europee e che ha reso l’Italia culla dell’equitazione. L’approccio previsto dal metodo di questa scuola e piuttosto duro e in contrapposizione con il metodo della Scuola francese, che si basa di più sulla comprensione del carattere dell’animale.
In questa epoca è particolarmente apprezzata una razza: il cavallo Andaluso, equilibrato, docile e dal notevole equilibrio psicofisico. Fin dall’epoca romana i cavalli del sud della Spagna erano molto rinomati; lo divengono ancora di più dopo l’epoca della presenza araba nella penisola iberica e il conseguente incrocio dei cavalli autoctoni con gli arabi.
È proprio il cavallo andaluso che accompagna i conquistadores nel Nuovo Mondo e che farà da capostipite di tutte le razze americane.

Sempre nel’500 un’altra razza ha rischiato, invece, l’estinzione: il pony Welsh, originario del Galles. Il re Enrico VIII aveva ordinato di selezionare unicamente cavalli britannici adatti alla guerra, eliminando così la possibilità di avere animali sotto una certa statura. Fortunatamente qualche esemplare sfuggì a questa selezione indiscriminata e nel ‘700 il pony Welsh diviene il migliore aiuto per gli agricoltori inglesi.
Una grande passione degli inglesi è sempre stata la corsa, per cui da secoli selezionano razze adatte a questo genere di competizione. Non a caso il Purosangue Inglese è il cavallo più veloce fra tutti.

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